I robot extracomunitari che ti rubano il lavoro

Photo by Lenin Estrada

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Ho da poco creato un nuovo progetto: Your Financial Fallacies. È un sito che raccoglie fallacie finanziarie, ossia sciocchezze ed illusioni comuni e dannose sul denaro.

Vai a dargli una occhiata prima di continuare, è propedeutico a questo articolo. Ti aspetto.

Ok, ci sei? Visto quanti articoli? Quante immagini di copertina originali? Quante risorse di approfondimento e che struttura sensata e coerente ha il tutto?

Non lo dico per vantarmi, ma per evidenziare che si tratta di una marea di lavoro. O forse no?

Grazie all’intelligenza artificiale e ad un minimo di competenze informatiche ho creato tutto in pochi giorni ed i risultati sono stati ottimi, almeno secondo me, vado fiero di quel progettino.

Venti anni fa ci avrei impiegato mesi per creare una mezza ciofeca.

Incredibile, questi robot funzionano.

Chi ha perso il lavoro

Non ho dovuto assumere un designer per progettare il sito.

Non ho dovuto assumere uno sviluppatore web per crearlo.

Non ho dovuto assumere un copywriter per le bozze né per controllare la grammatica.

Non ho dovuto assumere un assistente virtuale per inserire i link giusti.

In tutto ho speso meno di 30€, tra dominio e servizi vari.

Ho risparmiato una marea di soldi, soldi che non hanno potuto finanziare il sostentamento di nessun essere umano.

Vista in quest’ottica, questi robot hanno rubato il lavoro di diversi esseri umani. Tagliati fuori, non più competitivi.

E gran parte dei servizi che ho usato ha server fuori dalla EU, quindi possiamo dirlo: maledetti robot extracomunitari che ci rubano il lavoro!

C’è davvero meno lavoro?

Diciamoci la verità: non avrei mai speso mesi del mio tempo e migliaia di euro per Your Financial Fallacies, piuttosto lasciavo perdere.

Troppo rischio, troppi costi per creare qualcosa che, con ogni probabilità, non mi porterà grandi vantaggi economici. Bello, sì, ma probabilmente povero.

È probabile che nessuno lo avrebbe mai realizzato quel sito. Quindi a dirla tutta, nessun designer, copywriter, assistente o sviluppatore ha perso il lavoro. I robot mi hanno permesso di creare qualcosa che prima non sarebbe esistito.

Quindi i miei robot non sono cattivi. Ma altri robot lo sono. L’automazione trasforma il lavoro disponibile, a volte ne crea, altre volte ne distrugge.

Secondo alcuni, nei prossimi decenni il bilancio sarà positivo, secondo altri negativo.

Quasi per definizione, l’automazione elimina compiti noiosi e ripetitivi, che seguono pattern stabili ed in cui l’umano può aggiungere poco valore rispetto ad una macchina efficiente e poco costosa. Compiti da ingranaggio senza anima.

Se una macchina può fare quel genere di attività dovremmo essere solo contenti, festeggiare l’avvento dei robot, non temerlo, no?

Qual è lo scopo del lavoro?

Tempo fa ho argomentato come, nella società, il lavoro non dovrebbe essere uno scopo di per sé: se non c’è nulla di utile da fare, uno dovrebbe farsi una passeggiata, non avvitare bulloni che una macchina potrebbe avvitare meglio e con costi molto più bassi.

L’automazione deve liberare l’uomo dal dover lavorare su compiti ripetitivi e logoranti.

Bisogna farsene anche una ragione: per molte persone potrebbe, in futuro, non esserci più un posto nel sistema economico-produttivo.

È un dramma? Dipende. Hanno la possibilità di spendere il loro tempo facendo qualcosa che amano. Che facciano arte, che si divertano, non c’è bisogno di loro in fabbrica.

Eppure oggi sarebbe un dramma, poiché dal lavoro dipende lo stipendio e la sopravvivenza.

La nostra società si è sviluppata sul presupposto che ognuno debba contribuire al benessere della collettività con il proprio lavoro. Ognuno avrebbe avuto in cambio un beneficio proporzionale al contributo dato. Grossomodo eh, ci sono sempre stati cavilli e furbacchioni.

Ma il mondo è cambiato.

Oggi dobbiamo pensare a come gestire un futuro in cui l’umano è rimpiazzatile, ha meno potere contrattuale, anzi è quasi un peso. Un mondo dove non è più giustificato affamare una persona che non lavora quando le macchine possono produrre in abbondanza per tutti.

Qualora l’umano possa dare un contributo è doveroso che lo faccia e che venga ricompensato. Qualora non possa, non si può lasciarlo morire di fame.

Dovremo trovare un modo per bilanciare la sicurezza e la giustizia sociale con la promozione del lavoro che crea reale valore. Dovremo cambiare prospettiva e trovare soluzioni strutturali.

Oppure possiamo fare come facciamo sempre: lasciare che le cose ci sfuggano di mano, soffrire terribilmente, prenderci a sberle l’un l’altro finché un nuovo equilibrio, forse abbastanza giusto, più probabilmente ancora imperfetto, verrà stabilito col sangue.

A me sembra che valga la pena parlarne un po’ prima.

Nel frattempo gioisco di quello che posso creare, da solo, coi miei robottini.

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