Solo le notizie che contano

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Un tempo i giornali erano solo locali.

Il fornaio cerca apprendisti. Un carico di spezie è arrivato al porto ed è in vendita presso la compagnia delle lumache occidentale. Il sindaco è stato beccato a parlare con un opossum. Si vende il terreno sdrucciolevole nei pressi del cimitero.

Le notizie che venivano da fuori erano tutte vecchie, spesso poco affidabili. D’altronde arrivavano portate a mano, o nella migliore delle ipotesi da qualche piccione viaggiatore. Solo le più eclatanti ed importanti trovavano spazio nei giornali.

Leggere il giornale era importante. Era un modo per restare aggiornati e cogliere le opportunità. Gran parte delle notizie erano rilevanti. Su buona parte delle notizie potevi avere un interesse o un impatto. Le notizie erano utilizzabili.

Poi arrivò il telegrafo.

E le notizie di tutta la nazione arrivavano nel giro di pochi minuti e trovavano ampio spazio nel giornale del mattino. L’omicidio nella città lontana. Le discordie del presidente. Gli scontri il Barbeninstan. Tutti assumevano una nuova importanza. Anche se non erano poi così utilizzabili, né impattavano la tua vita in modo rilevante, né ci potevi fare granché.

Però diamine, erano notizie interessanti, che coinvolgono il pubblico. Che fanno vendere giornali.

Poi arrivarono la radio e la tv.

E le notizie da tutto il mondo potevano essere trasmesse quasi istantaneamente a tutti, interessati o meno che fossero. E le immagini ed i suoni del terrore, del disastro, del trauma, della rabbia, della propaganda potevano entrare a casa tua, travolgerti, coinvolgerti.

Forse erano interessanti. Ma utili? Ben poco.

Infine arrivò internet.

E le notizie, che una volta erano filtrate da una, seppur dubbia, professionalità e responsabilità, furono liberate. Ora ciò che conta è l’ascolto, le visualizzazioni, il clickthrough rate sugli ads.

Ora sappiamo dove clicchi, cosa ti fermi a guardare, cosa ti fa chiudere l’app, cosa compri, magari non ora ma domani, dopo che hai completato il ciclo di vita della user acquisition. Abbiamo algoritmi che prevedono il tuo comportamento, ti categorizzano. Sanno che sei incinta prima che lo sappia tu. È un maschio, congratulazioni. Hai preso i pannolini? Clicca qui per l’offertona.

Ti servono, queste notizie? Cosa puoi farci se il presidente è vecchio? Se la bomba atomica è finanziata con la vodka? Se la terra è piatta o l’attrice di Banana Joe s’è tatuata un lombrico sull’omero?

Tutta roba che t’intrattiene, ti tiene incollato, ti fa spendere. Ma anche inutile e dannosa.

Eppure puoi ancora scegliere. Puoi leggere solo le notizie che contano, gli strumenti ci sono. Newsletters, feed rss, pochissimi servizi che valgono la pena, ma che non divertono molto. Il resto lo puoi buttare nella spazzatura. Fare spazio per attività più utili, magari più belle.

Per leggere quel libro che rimandi, sistemare il mobiletto del bagno che balla ed allenarti per i 10km di corsa.

Approfondimenti

L’idea viene da Divertirsi da morire di Neil Postman. Il libro è incentrato sulle caratteristiche della TV rispetto alla lettura; evidenzia come ogni medium ha caratteristiche proprie, che alterano profondamente il messaggio trasmesso.

Se la logica è perfetta sulla carta stampata, questa è fuori luogo in TV, dove regna lo spettacolo. Se un lungometraggio è perfetto in TV, questo non ha senso su una piattaforma come Tik Tok, dove brevissimi video devono catturare l’attenzione dell’utilizzatore e fargli rilasciare dopamina ad ogni swipe.

Così il medium ha un ruolo determinante nel tipo di cultura che si diffonde. Se tutti stanno su Tik Tok, non c’è più tempo per i film impegnati né per i grandi classici della letteratura.

Non che sia una cosa buona né cattiva, purché se ne capisca la differenza e l’influenza che hanno su di noi e sulla cultura che ci circonda.

E non ci si illuda che seguire le notizie sia ancora una cosa buona, quando ormai la notizia è per lo più inutile clickbait.

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Too Big To Fail

Ma lo sai che puoi ascoltare la mia voce suadente dire cazzate ben peggiori di quelle che trovi scritte su questo blog? Ebbene sì, mi diverto con Vittorio e Nicola a parlare di finanza in modo leggero. Puoi ascoltarci su Spotify, Apple Music, Amazon Music, Youtube Music, Deezer e penso anche su Radio Maria.