Il compito di un genitore

Copertina di Power Lai

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Da quando son diventato genitore mi chiedo spesso cosa sia giusto fare per mia figlia. Sembra una cosa banale, ma mi risultava già difficile prima di diventare genitore, su me stesso, figurarsi adesso che sono co-responsabile di una creatura.

E quindi son sempre dietro a pensare a domande tipo:
È giusto negarle un gioco che tutti i suoi amichetti hanno?
È giusto comprarle abbigliamento usato?
È giusto farle guardare o meno i cartoni animati?

Che guaio.

Per fortuna c’è una cosa che aiuta sempre: fare un passo indietro e guardare al problema nella sua totalità.

Il compito cardine di un genitore

Qual è il mio obiettivo, come genitore?

Forse, rendere mia figlia felice?
No, questo è impossibile, l’ho capito su me stesso. Nessuno mi ha regalato la felicità, è qualcosa che dipende molto più dal mio modo di vedere le cose e dalla mia capacità di ottenere quel che voglio con le mie forze che non da quello che qualcuno potrebbe darmi o fare per me. Nessuno potrà rendere mia figlia felice. Posso invece darle un esempio di persona felice, così che lei sia capace di fare da se, in futuro.

Il mio obiettivo è far sì che mia figlia abbia successo?
Che cosa significa, poi, avere successo? Che diventi dottoressa o sindaco o qualsiasi altra cosa io decida? Ma poi, chi sono io per darle direttive in tal senso? Dovrei invece darmi meno importanza, lasciarle spazio per prendere le sue decisioni e lasciare che lei ne viva le conseguenze, positive o meno, e cresca di conseguenza.

Abbiamo due indizi, a questo punto: dare un esempio e lasciare spazio. Forse ci siamo.

Il mio obiettivo dovrebbe essere quello di formare un adulto indipendente, capace di porsi e raggiungere in autonomia i propri obiettivi. Paradossalmente, in quanto genitore avrò tanto più successo quanto prima diventerò inutile!

Risolvere i dilemmi

Una volta che l’obiettivo è chiaro certi dilemmi assumono una sfumatura più nitida, l’hai mai notato? Torniamo alle domande iniziali.

È giusto regalarle un gioco che ha visto dagli amichetti?
No, non è giusto, le cose belle non piovono dal cielo. Anzi, per dare alle cose il loro degno valore, bisogna faticare per ottenerle. Quindi, no, non è giusto regalarle qualcosa tanto per compiacerla.

Altro discorso è procurarle il materiale di cui ha bisogno per fare prove, per imparare e crescere, e se si diverte nel processo tanto meglio. Se voglio che mia figlia sia capace da grande, devo darle modo di fare quanta più pratica possibile, difendendola solo dalle conseguenze catastrofiche e fornendole un campo da gioco in cui allenarsi. Quindi se un gioco ha una funzione educativa, ad esempio per acquisire delle competenze utili e fare pratica e fatica, allora è mio dovere far sì che mia figlia ne abbia accesso, in un modo o nell’altro ed entro i limiti delle mie possibilità e del tempo che lei potrà dedicargli.

Ed è mio dovere sostenerla ed amarla qualsiasi siano i risultati che otterrà.

Abbondare con gli strumenti nella sua palestra, lesinare nel soddisfare i suoi desideri superficiali.

È giusto comprarle abbigliamento usato?
Perché non dovrei? Forse per tutelarmi dal giudizio altrui, o per tutelare lei da critiche sciocche? Al contrario, è mia responsabilità fornirle una palestra in cui allenarsi alla vita, in questo caso per prepararsi alle immancabili pressioni sociali e saper ragionare con la propria testa. Devo però essere equilibrato e non sottoporla ad una pressione eccessiva che potrebbe essere controproducente: ok abbigliamento usato e senza pretese, ma non sciatto o sporco, non sarebbe rispettoso per lei né per le comunità in cui deve integrarsi.

Coraggio di fare di testa propria, ma anche equilibrio per mantenere sane relazioni sociali.

È giusto farle guardare o meno dei cartoni animati?
Dipende: a cosa serve? Ad intrattenerla e basta così che io possa fare quel che mi pare? Ahimè questa non è una buona ragione, mi si ritorcerà contro sul lungo periodo. Tuttavia i cartoni animati possono avere un ruolo all’interno della nostra giornata, ad esempio in momenti in cui proprio non riusciamo a fornirle altri stimoli.

Ad esempio, mia figlia mangia velocemente e vorrebbe subito fare altro. Io stesso sono stato così fino ai 25 anni e non ci vedo nulla di male.

Potremmo costringerla a stare seduta a tavola finché non finiscono tutti ma non vedo validi motivi per farlo, salvo abituarla ad un’assurda etichetta che potrà comunque adottare da sé una volta cresciuta, se necessario. Potremmo fornirle stimoli o giochi appena lei ha finito di mangiare, ma è un lavoro ingrato che ci priva di un momento di pausa del quale abbiamo più che mai bisogno.

Quindi le permettiamo di alzarsi e guardarsi qualche puntata di un cartone selezionato. Quando anche noi abbiamo finito di mangiare ci uniamo a lei e poi facciamo altro.

Questo apre la strada ad un’ultima considerazione: nella vita non esistono assoluti. Non posso dire no assoluto ai giochi inutili, né ai vestiti nuovi né ai cartoni animati. Dipende da qual è l’alternativa che posso offrire, se questa è migliore o peggiore. Ogni scelta rappresenta un bivio: devo essere lucido per valutare tutte le strade e scegliere la migliore, senza troppe riserve ma tenendo sempre in mente il mio obiettivo.

Conclusione

Fare il genitore significa preparare un bambino ad una vita adulta indipendente e soddisfacente.
Lo si può fare dando l’esempio e creando le condizioni affinché il bambino possa esercitarsi in autonomia,
Il tutto accettando di essere limitati, sia noi genitori che i nostri figli,
E tenendo presente che non esistono assoluti né soluzioni perfette ai problemi reali.

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