Tipi di sapere
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La conoscenza non è tutta uguale e non è tutta utile né trasferibile allo stesso modo.

Non sono uno sciocco.

Prima di diventare genitore mi sono informato per bene. Ho letto libri, ascoltato consigli di esperti e chiesto parere a tanti che ci erano già passati. Ho studiato quello che avviene in gravidanza, le fasi di crescita del bambino, i suoi bisogni, come cambiare un pannolino e che cosa sono le coliche. Sapevo quello che mi aspettava.

Certo non sono stato perfetto.

Avrei potuto fare un poco di pratica, dando una mano a chi aveva appena avuto un figlio. Avrei così imparato a cambiare davvero un pannolino, a fare il bagno ad un neonato ed avrei acquisito qualche utile trucco. Così sì che avrei saputo davvero quello che mi aspettava.

A dire il vero, sono uno sciocco.

Nulla poteva prepararmi alla genitorialità. Anche ascoltando con attenzione le testimonianze di chi ci è passato non puoi sapere quello che ti aspetta. Non sai come reagirà il tuo corpo a mesi di sonno interrotto, ad esempio. Non sai cosa significa vedere il primo sorriso di tuo figlio dopo mesi di confusione. Non sai cosa sia la frustrazione di vedere che si addormenta quando dovrebbe mangiare e chiede cibo quando dovrebbe dormire. Solo immergendoti nell’esperienza puoi saperlo.

Icerberg

Penso che l’iceberg sia una buona metafora per i tipi di conoscenza.

Il primo tipo, la conoscenza teorica, è in piena vista. Leggi qualche libro, studia, chiedi a chi ha avuto esperienza. È il metodo che tutti conosciamo dalla scuola. È tanto ovvio quanto ingenuo, come se si potesse imparare tutto leggendone una descrizione astratta.

Certo la conoscenza teorica aiuta, può risparmiarci tempo ed energie e farci raggiungere traguardi più elevati ma da sola non serve a nulla. Soprattutto, non è in grado di darci una reale idea di quello che dovremo affrontare.

Il secondo livello è quello della conoscenza pratica. Potremmo illuderci che sia la parte sott’acqua dell’iceberg, di dimensione simile a quella che affiora dalla superficie.

La conoscenza pratica è il saper fare. Richiede ripetizione, confidenza, attenzione. Richiede errori e numerose prove per essere dominata. È una strada lunga e faticosa se si vuole arrivare alla vera maestria, ma abbastanza agevole se ci basta la decenza. Il nostro lavoro è, di solito, il tempio della pratica.

Torniamo all’iceberg. Vi siete mai domandati come mai la parte che sta sott’acqua sia tanto più grande di quella che affiora dalla superficie? Vi ricordo il principio di Archimede:

Un corpo immerso in un fluido riceve una spinta dal basso verso l’alto pari al peso del volume di fluido spostato.

Quindi una nave che sposta 1000 metri cubi d’acqua riceve una spinta verso l’alto grossomodo di 1000 tonnellate, essendo 1 tonnellata il peso di 1 metro cubo d’acqua. Le navi barano, però, poiché sono progettate apposta per spostare una gran quantità d’acqua con lo scafo, che è pieno d’aria, quindi nonostante siano realizzate in acciaio, pesante, il peso specifico della nave nel complesso è piuttosto basso. Il ghiaccio invece è pieno e, seppure più leggero dell’acqua, ha un peso specifico più basso solo del 10% quindi solo il 10% circa dell’iceberg affiora sopra l’acqua.

Svelato l’arcano chiudo la parentesi nerd.

Come l’iceberg, anche la conoscenza ci nasconde un segreto. Possiamo essere maestri della pratica e fini conoscitori della teoria, ma solo facendo esperienza diretta e prolungata di qualcosa possiamo capirne davvero l’essenza. Ecco il terzo e di gran lunga più profondo livello del sapere: l’esperienza diretta.

Nulla può prepararci a qualcosa d’importante, a meno di viverlo in prima persona. Ciò rende gli altri livelli di conoscenza utili ma non sufficienti. Solo vivendo qualcosa sai davvero di cosa si tratta.

Implicazioni

Ricordate quel sedicente esperto di geopolitica che stava sempre in televisione a pontificare su quale nazione bisognava bombardare? Egli dice di avere una certa conoscenza (teorica) di strategia internazionale. Magari ha fatto anche i compiti e si è recato nei luoghi in cui vorrebbe intervenire col tritolo, acquisendo una piccola conoscenza pratica, ma in verità non sa nulla della vita delle persone su cui le sue decisioni avranno un impatto. Quando vediamo un esperto pontificare di qualcosa che non lo riguarda direttamente siamo davanti ad un iceberg farlocco che sta per affondare: c’è poca sostanza.

La natura del sapere ci condanna a non poter risolvere i problemi altrui con la nostra sola analisi teorica e la nostra capacità pratica. Ogni intervento di questo tipo porta più danni che benefici.

C’è un’altra cosa: l’esperienza di vita non è trasferibile. Tu puoi aver sofferto d’ansia, ma non riuscirai a farmi capire a fondo cosa significa. Ho una figlia ma non posso spiegarti davvero cosa significa vederla sorridere; neanche se tu la vedessi lo capiresti, quello che io vedo è diverso. Una volta che sai davvero quello di cui parli capisci che dovresti solo fare silenzio ed accompagnare gli altri verso quello che hai visto tu, così che loro possano vedere coi loro occhi e vivere la loro esperienza, che sarà diversa dalla tua.

Per fortuna non ho ancora capito niente, altrimenti non scriverei più nulla.

Copertina di <a href="https://unsplash.com/@himalaya1788?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText">Danting Zhu</a>.