I miei mi hanno ripetuto una frase fino alla nausea, di solito dopo avermi sgridato per qualche bravata: faresti di tutto per proteggere i tuoi figli. Adesso che sono padre capisco quello che volevano dire, ma posso davvero proteggere mia figlia oppure facendolo la priverei di esperienze importanti che si possono vivere solo correndo qualche rischio? E poi, la faccenda riguarda solo i figli o anche altri aspetti delle nostre vite?
L’equilibrio benessere / tutela
Pensare che più ci sforziamo e più otterremo, o che più tuteliamo qualcosa e più questo sarà protetto, è una illusione molto comune. Come per ogni illusione la diamo per scontata e troviamo ottime scuse per rifiutare le prove che dimostrano che non sia valida. In sostanza, pensiamo che la relazione protezione - beneficio sia grossomodo lineare, come nel seguente grafico:
Stando a questa regola, per il bene di un figlio dovremmo fare il massimo per proteggerlo, dal mettergli le ginocchiere quando va in bicicletta al negargli ogni goccia di droghe ricreative finché possiamo influenzarlo. Dovremmo prendere per lui tutte le decisioni, perché noi siamo più saggi e così facendo gli risparmiamo delle delusioni e dei pericoli, e non dobbiamo badare a spese per consentirgli di avere un qualche piccolo vantaggio nella vita.
Scritti nero su bianco, penso sia chiaro che questi comportamenti sono illusori: un figlio ha bisogno di mettersi in gioco, rischiare, sudare, fallire e farsi male per capire come funzionano le cose. Solo così può conoscere se stesso ed i propri limiti e quindi migliorarsi per saper far fronte alle varie situazioni della vita. Deve uscire dalla comfort zone, non ci sono scorciatoie né spintarelle che possano aiutarlo.
Cosa significa? Dovremmo spingere nostro figlio verso le situazioni più difficili e sfidanti anche quando siamo certi che fallirà? O dobbiamo ignorare i suoi bisogni e lasciare che faccia da se anche quando è evidente che non ha buone possibilità di riuscita? Anche questo estremo è poco desiderabile: certi fallimenti rischiano di essere troppo gravi per potersi risollevare. Inoltre, noi genitori possiamo dare un contributo utile, ad esempio consigliando nostro figlio o preparandolo dove serve.
Si può imparare dagli errori altrui invece di doverli commettere tutti in prima persona.
Il rapporto protezione - beneficio più realistico, quindi, è il seguente:
Esiste un livello ottimale di protezione verso i nostri figli, né troppo poca da trascurarli, né troppa da lasciarli impreparati alla vita da soli o da causare nevrosi noi genitori.
Proteggere anche il resto
Fin qui ho parlato di figli, tuttavia il concetto si applica a numerose situazioni ed oggetti, anzi direi proprio a tutto quello a cui teniamo.
Prendiamo ad esempio l’automobile, e lasciatemi raccontare la storia di un mio vicino di casa. È storia vera.
Questo mio vicino ha acquistato qualche mese fa un nuovo SUV. È appassionato di macchine e voleva qualcosa di potente, spazioso, elegante ma anche sportivo. Ha preso un mezzo da 60.000€, che in tutta onestà non si poteva permettere, ma questi non sono affari miei. Quello che ci interessa è il suo comportamento nei mesi che sono trascorsi da quando ha acquistato l’auto: ha passato decine, forse centinaia di ore a pulirla, lucidarla, ammirarla, ripulirla. Un giorno mi ha fatto vedere la parte inferiore dei parafanghi: erano talmente puliti che ci si poteva mangiare! Si trova in fase uno dell’adattamento edonistico, temo.
Il bagagliaio è simile ad un monolocale, enorme, eppure usa l’auto del padre per trasportare quello che gli serve, per non rovinare il gioiellino. Almeno godrà della potenza dei 200 cavalli del nuovo mezzo, no? Invece sta guidando come un ottantenne poiché l’auto è enorme e piena di punti ciechi e rischia di graffiarla ad ogni curva.
Insomma, sta proteggendo troppo la sua nuova auto. Invece di godersela ha riempito il garage con un costosissimo soprammobile.
In quanti altri casi avete notato un comportamento simile? Dal quaderno più bello che avevo alle elementari e che non ho mai trovato il modo di usare (l’ho buttato, vuoto ed ingiallito, pochi anni fa) fino al maglione per le occasioni importanti (buttato anche lui, pieno di tarme e col cartellino).
Siamo condannati a rottamare le auto con i sedili originali nuovi di zecca, dopo averle guidate per anni con scomodi ed antiestetici copri-sedili di scarsa fattura.
Come trovare e mantenere l’equilibrio?
Nulla di bello dura in eterno, dobbiamo accettare l’inevitabile ed apprezzare la natura transitoria e precaria delle cose a cui teniamo. Noi stessi siamo transitori, anche se ci illudiamo di vivere in eterno.
Questa precarietà può farci apprezzare ancora di più le nostre esperienze, senza darle per scontate. Sapere che un giorno perderemo nostra figlia (o la nostra bella auto) ci darà la spinta per essere più presenti ogni giorno e godere a pieno del dono che abbiamo ricevuto.
Con questa consapevolezza, possiamo anche adottare un approccio più rilassato alla protezione di ciò a cui teniamo, senza stressarci troppo noi né opprimere l’oggetto delle nostre cure.
Ok, belle parole, ma in pratica cosa facciamo?
Davanti ad una situazione rischiosa per qualcuno a cui tengo come per me stesso, cerco di pormi poche semplici domande che mi aiutano a valutare la situazione:
1. Qual è il risultato pessimo? Quale quello più plausibile?
Per ogni situazione c’è un risultato plausibile, che speriamo essere positivo, ed uno pessimo. Averli chiari in mente mi permette di essere consapevole della posta in gioco. Facciamo un esempio.
Dichiamo che mia figlia di 8 anni voglia andare a giocare al parco giochi con gli amichi senza essere accompagnata da me perché non è necessario, gioie e dolori del vivere in un borgo.
- Caso plausibile: va, si diverte, passa un bel pomeriggio e consolida la sua rete sociale oltre ad imparare a rapportarsi agli altri. Al più si sbuccia un ginocchio.
- Caso pessimo: viene investita dal vicino col SUV che finalmente ha deciso di sfruttare i 200 cavalli del mezzo.
2. Quanto è plausibile che accada il peggio?
Ogni anno in Italia ci sono circa 3000 morti in incidenti stradali, di cui circa 20 pedoni. Le strade per giungere al parco da casa nostra sono quasi tutte strette, in mezzo a vecchie case e ben poco trafficate. È improbabile avere incidenti, si tratta di una preoccupazione irragionevole.
3. C’è modo di porvi riparo o rendere il peggio meno probabile? A che costo?
Solo un piccolo tratto di strada è leggermente più trafficato. Posso raccomandare a mia figlia di stare attenta proprio lì, invece di scaricarle addosso un generico flusso di paturnie. Posso anche fare pressioni sulla giunta comunale ed il giornale locale affinché mettano un dosso o qualche altra protezione in quel tratto di strada.
Tutto ciò ha un costo ragionevole e buone probabilità di rendere il rischio ancor più irrisorio. Ma se volessi essere assolutamente sicuro che nulla di male possa accaderle? Potrei intromettermi ed accompagnarla io al parco, ma intralcerei la sua indipendenza, la metterei in imbarazzo e non le darei modo di dimostrare la sua responsabilità. Potrei anche negarle di uscire, ed erodere un poco la nostra relazione oltre a toglierle una possibilità par fare qualcosa di bello e divertente. Insomma, scelte che hanno un costo spropositato per i benefici trascurabili che portano.
4. E se l’incidente avvenisse?
Ho comunque fatto del mio meglio per valutare i pro ed i contro di una situazione che non ha una soluzione perfetta. Scegliere di non correre alcun rischio per paura di un evento improbabile è come comprare i biglietti del SuperEnalotto nella speranza di un evento altrettanto improbabile: una pessima scelta sul lungo termine.
Ecco qui, questo è il processo. Come avrete intuito non lo faccio per ogni singola cosa, non sono ancora così folle. Il trucco è:
Farne un’abitudine
A lungo andare, questo processo, che è applicabile ad un ampio spettro di decisioni che coinvolgono il rischio, risulta abbastanza naturale e possiamo seguire il nostro istinto. Per allora ci saremo allenati a convivere col rischio e l’incertezza e saremo più a nostro agio nel prendere decisioni difficili. Ci sono poi situazioni in cui la scelta è più difficile ed in tal caso torno esplicitamente al processo sopra.
Spero possa servire voi come ha servito me!
Approfondimenti
Ho tratto ispirazione da due libri in particolare, che vi consiglio:
- Imparare a rischiare di Gerd Gigerenzer che esplora gli strumenti statistici che ci permettono di prendere decisioni difficili in momenti di incertezza. Che ci crediate o meno non contiene formule matematiche ed è una lettura molto gradevole.
- 4 ore alla settimana di Tim Ferriss che include una marea di trucchetti per vivere una vita soddisfacente senza l’illusione più mi sforzo, più avrò risultati. Contiene un ottimo esercizio, il “fear setting”, di cui ha parlato anche su TED.
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